giovedì 3 novembre 2011

Il coraggio di vivere

Qualche giorno fa mi ha telefonato G.A. Lo conosco da oltre 50 anni e non lo vedo né lo sento da circa 15. E’portatore di una  cerebropatia neonatale, che determina un grave interessamento della motilità del capo, del tronco e degli arti, con un quadro che si potrebbe definire spasticoatetosico, con note di emiballismo sinistro: non cammina, può usare gli arti superiori con grande difficoltà. Quando parla  è difficilmente comprensibile, gli spasmi si accentuano e compaiono torsioni del capo, del tronco e degli arti superiori e in particolare spasmi asimmetrici alle mani  e alle dita, tanto più gravi quanto maggiore è la partecipazione emotiva a quanto dice – o vorrebbe dire. Per cui fa uso di frasi brevi, che ripete più volte, in genere quattro: l’ultima versione  di solito è comprensibile. In compenso ha dei meravigliosi occhi celesti, che raccontano quello che non riesce  a dire con le parole.
L’ho conosciuto cinquanta anni fa, negli anni immediatamente successivi al ’68. Abbiamo fatto un po’ di strada insieme, poi G. è tornato al sud, a Melfi, si è sposato e ha svolto un’intensa attività di insegnamento.  Mi sono sempre chiesto come facesse  a spiegare i complessi    misteri della matematica, in cui si è laureato, ad allievi degli istituti tecnici, delle scuole per geometri. dei licei scientifici nei quali ha insegnato. Lo hanno aiutato l’intelligenza, una grande pazienza, una volontà di ferro, e soprattutto la capacità di coinvolgimento. Ha avuto e ha molti amici, tra i quali io: me lo ha confermato in questo incontro, ero con lui nelle comuni battaglie, soprattutto nella lotta alle barriere architettoniche. In quegli anni non si poteva entrare in carozzina nel Duomo di Milano, o superare senza gradini l’ingresso dai quattro lati in Galleria: per abbatterli, ci volevano i permessi del Comune di Milano, della Sovrintendenza ai monumenti, della Fabbrica del Duomo, e non ricordo più di quanti altri enti statali, regionali e comunali Tutti insieme, guidati da Piergiorgio Mazzola,   ce l’abbiamo fatta e oggi un paraplegico, ma anche un anziano e una mamma con il bambino in carrozzina possono andare senza barriere dall’interno del Duomo a piazza della Scala. Mi sono reso  conto ancora una volta dell’importanza delle barriere quando cinquanta anni dopo per raggiungermi al mio quarto piano, per la presenza di alcuni gradini in fondo alla scala e perché le porte dell’ascensore (installato a metà del secolo scorso ) sono troppo strette per la sua carrozzina,   è stato necessario portarlo in braccio dal portone di ingresso alla mia porta, e viceversa, da un gentile accompagnatore melfitano.
G. è stato anche membro eletto nel consiglio direttivo nazionale dell’’importante AIAS, l’associazione italiana assistenza agli spastici. Abbiamo rievocato  quegli anni, per me ricchissimi, e ricordato i molti amici che non ci sono più. Di molti mi ha portato lui la brutta notizia, a ulteriore conferma della  mia teoria della doppia centrifugazione del disabile.
Abbiamo parlato a lungo, se si può dire così: io parlando come mi consente la mia vecchia paralisi  del facciale postchirurgica. lui più che altro  aggrovigliandosi e sgrovigliandosi, a seconda dell’enfasi.  E’ stato comunque molto piacevole. Ho scoperto che nonostante le diverse esperienze, le nostre idee sul mondo   di oggi coincidono. E mi ha fatto un immenso piacere quando mi ha assicurato, con dizione stranamente chiara, come io, quaranta anni fa, gli abbia trasmesso più di tutti gli altri il ‘coraggio di vivere’.

1 commento:

  1. mi sarebbe piaciuto che questo coraggio lo avesse strasmesso anche a me quando la ho incontrata carissimo Silvano Boccardi

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