In questi giorni approfittando di uno dei pochissimi vantaggi della tarda età, il molto tempo libero, ho letto la traduzione comparsa di recente (Indignatevi, add editore) del piccolo libro ‘Indignez-vous’, di Stéphane Hessel,
Stéphane Hessel nasce a Berlino nel 1917. E’ il figlio secondogenito di Franz Hessel ebreo, scrittore, e di Helen Grund, la Catherine divisa tra Jules e Jim interpretata meravigliosamente da Jeanne Moreau nel capolavoro di Francois Truffaut.
A Parigi dal 1924, viene naturalizzato francese. Ha combattuto nella grande guerra; dopo l’invasione tedesca riesce a raggiungere De Gaulle in Inghilterra e poi approda clandestinamente in Francia. Partecipa attivamente alla resistenza. Arrestato, viene internato a Buchenwald. Alla vigilia della sua impiccagione, si sostituisce a un francese morto, poi evade dal campo di Dora. Dopo la fine della guerra ha diversi incarichi alle Nazioni Unite e ha un importante ruolo nella commissione incaricata di compilare quella che diventerà la dichiarazione dei diritti dell’uomo.
In ‘Indignatevi’ Hessel identifica le grandi sfide che richiedono la mobilitazione degli uomini di oggi: l’accettazione universale della dichiarazione dei diritti umani, alla cui stesura ha partecipato: la soluzione dell’immenso divario, in continua crescita, tra i molto poveri e i molto ricchi; la conservazione del pianeta; l’emancipazione dalle minacce dl totalitarismo, con il rifiuto del principio di sovranità nazionale che ha consentito a Hitler di commettere un genocidio;
Ai giovani, il 93nne Hessel dice: guardatevi attorno e troverete gli argomenti che giustificano la vostra indignazione, come il trattamento riservato agli immigrati e ai sans papiers, ai rom; non lasciatevi ingannare dall’ipocrisia della proclamata adesione dei vincitori a valori che non tutti intendevano proporre lealmente.
L’indignazione principale di Hessel riguarda Gaza. una prigione a cielo aperto, la Palestina, la Cisgiordania. D’altra parte Hessel non giustifica il lancio di missili da parte di Hamas: l’esasperazione è un termine negativo, un rifiuto della speranza, è naturale ma non per questo è accettabile. La violenza non è efficace perchè volta le spalle alla speranza ed è la violazione del diritto che deve provocare la nostra indignazione. Occorre una vera e propria insurrezione pacifica contro i mass media, che ai nostri giovani come unico orizzonte propongono il consumismo di massa, il disprezzo dei più deboli e della cultura, l’amnesia generalizzata della competizione a oltranza di tutti contro tutti.
E infine il monito ‘detto con affetto’ ai giovani che faranno il XXI secolo: ‘creare per resistere, resistere per creare’.
Sono pressochè coetaneo di Hessel: pertanto ho creduto opportuno passare in rassegna alcuni tra i molti motivi per i quali avrei avuto ragione di indignarmi nella mia lunga vita
Sono nato negli anni in cui in Italia Il fascismo cominciava a impossessarsi del potere. Mio padre, pianista, non era iscritto al partito fascista, l’iscrizione è diventata obbligatoria nel 1938. Le mie prime emozioni non potevano che essere trasmesse da dei genitori coscienti: ad esempio ho risentito della umiliazione dei vecchi socialisti che frequentavano la nostra casa: Fradeletto, Piccinato. La vita non era facile. Ho un ricordo vivido della sofferenza di mia madre quando miss Coen, la nostra mecenate inglese (sia comunque benedetta), sollevata la lunga gonna traeva da sotto la giarrettiera le bustine preparate con i compensi per i bravissimi solisti che avevano appena eseguito, nel nostro studio (il pianoforte a coda su cui suonava mio padre era da noi in deposito), il quintetto ‘die Forelle’ di Schubert. E prima di andarsene estraeva dalla capace borsa due flaconi contenenti l’odiata Emulsione Schoumm e il non meno esecrato olio di fegato di merluzzo per noi due fanciullini giudicati gracili e bisognosi di cure.
Mi è arrivata l’indignazione per l’orrenda sorte riservata a Matteotti. Ho partecipato alla rassegnazione con la quale gli italiani sensibili partecipavano alle tristi mascherate del regime. Il segretario oggetto delle più atroci freddure che obbligava i federali, per lo più grassottelli, a saltare in orbace dentro il cerchio di fuoco. Le oceaniche adunate, alle quali noi giovanetti eravamo obbligati a partecipare in divisa e allineati
Sono stato coinvolto nell’insensata tragedia della guerra. Ho vissuto con sconcerto (ero a Tunisi) lo scellerato ‘colpo di pugnale’ alla schiena della Francia, già demolita dai panzer tedeschi. Sono stato in campo di concentramento tra le montagne dell’Atlante: una cipolla e una pagnotta al giorno per sei uomini. Ho perso nella guerra, proprio in Tunisia, dei buoni amici, offertisi volontari per un ingiustificato senso dell’onore.
La fine del nazismo e del fascismo non ha certo segnato la fine di tutto quello contro cui Hessel aveva alzato la voce. A parte l’Unione Sovietica, di cui venivamo a conoscere un po’ alla volta il lato oscuro, la Palestina, ma anche gli Stati Balcanici, l’Argentina, molti Stati africani, la Cina con il Tibet… non v’era, e putroppo non c’è zona del mondo dove i diritti ’umanu vengano del tutto rispettati. Le cose sono nettamente peggiorate negli ultimi anni: il Libano, l’Iraq, l’Afganistan; dittature sono comparse dove non c’erano. Sono stato per tre anni in Kenya, in un centro per poliomielitici, e ho potuto vedere quanto fragile sia la democrazia in quei paesi. E la povertà degi slums, e l’ AIDS, e il disinteresse (o meglio il distorto interesse) delle grandi case farmaceutiche. Ogni tanto una buona notizia, come la difficile abolizione dell’apartheid in Sudafrica, insufficiente a compensare l’essenziale disimpegno delle grandi nazioni (e anche delle piccole, se è per questo) di fronte ai gravissimi problemi della povertà e della fame. Molto hanno fatto sperare le generose impennate giovanili degli ultimi anni ’60, purtroppo in gran parte riassorbite. E non mi sembra che le pletoriche e costose organizzazioni continentali e mondiali create per porvi rimedio abbiano fino ad ora ottenuto grandi risultati contro l’egoismo delle singole nazioni. Lo stesso credo di poter dire a proposito dell’altro grande nemico di Hessel, il terrorismo: non solo per l’11 settembre, ma ogni giorno in cento parti del mondo. E‘ di questi giorni l’orribile tragedia dei giovani laburisti norvegesi.
Parlare di quanto negli ultimi cinquanta anni ho visto nella mia patria, potrebbe sembrare troppo di parte o patetico. Ma è difficile assistere senza indignarsi , con le parole di Hessel, ‘al consumismo di massa alimentato dai mass media, al disprezzo per i più poveri, gli immigranti per primi, e per la cultura, all’amnesia generalizzata e la competizione ad oltranza di tutti contro tutti’. AI che aggiungerei la corruzione e il malaffare, il tutto per lo più tra una sostanziale indifferenza. Dai giornali del 21luglio abbiamo appreso che 87 ‘rappresentanti eletti del popolo italiano’ sono in questo momento indagati dalle procure della Repubblica
Decisamente, nella mia lunga vita non mi sono indignato abbastanza.